Articolo tratto dal n.45 della rivista Anarchismo e poi inclusa nella raccolta “Anarchismo insurrezionalista”
Nei compagni anarchici c’è un rapporto ambivalente con il problema dell’organizzazione.
Ai due estremi si collocano l’accettazione della struttura permanente, dotata di un programma ben delineato, con mezzi a disposizione (anche se pochi) e suddivisa in commissioni; e il rifiuto di ogni rapporto stabile anche nel breve periodo.
Le federazioni anarchiche classiche (vecchia e nuova maniera) e gli individualisti, costituiscono i due estremi di qualcosa che cerca comunque di sfuggire alla realtà dello scontro. Il compagno aderente alle strutture organizzate spera che dalla crescita quantitativa venga fuori una modificazione rivoluzionaria della realtà e si concede l’illusione a buon mercato di ritenersi sicuro di controllare ogni involuzione autoritaria della struttura e ogni concessione alla logica del partito. Il compagno individualista è geloso del proprio io e teme ogni forma di contaminazione, ogni concessione agli altri, ogni collaborazione attiva, pensando queste cose come cedimenti e compromessi.
Anche i compagni che si pongono criticamente di fronte al problema dell’organizzazione anarchica e che quindi rifiutano l’isolamento individualista, approfondiscono il problema solo in termini di organizzazione classica, riuscendo difficilmente a pensare forme alternative di rapporti stabili.