Saccheggiamo ciò di cui abbiamo bisogno, in teoria e in pratica. Costruiamo piani di comunismo diffuso.

“L’arma della critica non può certamente sostituire la critica delle armi. Ma anche la teoria diventa una forza materiale non appena si impadronisce delle masse.” K.Marx.

“Preparate dei piani. Tenetevi pronti.” Casa della gioventù 2007.Copenaghen

comune

 

A mo’ di presentazione.Questo spazio vuol essere un mezzo, un deposito in cui raccogliere materiali ed armi critiche arraffati durante le nostre sortite nei territori della parola scritta, per poi consultarli alla bisogna. Certo, ma un mezzo ad uso di chi? Di nessun referente preciso, categoria sociale o milieu militante, tranne coloro che si riconoscono in quell’insieme di elaborazioni, frammenti e tentativi mai conclusi il cui perdurare nel tempo si chiama movimento rivoluzionario.

Il saccheggio, a parere di chi scrive, è il miglior approccio alla tradizione degli oppressi. Quest’ultima non ci interessa infatti come oggetto di studio da sezionare con sguardo scientifico, come storia monumentale di organizzazioni, correnti e tentativi rivoluzionari falliti, ma nell’incompiuto che vi è incistato, nella costellazione che può formare con le nostre aspirazioni del presente… che non sono neutrali e tanto meno disinteressate. In questa storia, nei suoi cambiamenti e nelle sue contraddizioni, vogliamo cogliere le invarianti del progetto rivoluzionario di cui abbiamo bisogno ora.

I problemi che ci vengono posti dalle lotte quotidiane non sono pochi e nemmeno trascurabili: il rapporto tra una minoranza sovversiva agente e i proletari che si incontrano intorno a lotte parziali per bisogni specifici, la possibilità di rendere offensivi questi bisogni; come articolare l’attacco ed il conflitto alla costruzione immediata di autonomia; il nodo insoluto della classe ed il rapporto tra agitazione e teoria, anche quella teoria che le lotte producono spontaneamente. E sono solo alcuni. Siamo certi che non troveremo ricette per sciogliere questi nodi compulsando trattati di critica rivoluzionaria, scritti peraltro a loro volta in seno al vissuto di lotte concrete. Siamo altrettanto certi che senza aggredire l’ordito delle esperienze rivoluzionarie passate, anche nel loro lato di lotte teoriche, si continui indefinitamente a navigare a vista. Ancora una volta, seppure la teoria scaturisce sempre dalla lotta, senza teoria rivoluzionaria non è possibile pratica rivoluzionaria. La nostra posizione può prendere corpo solo a partire da questa inadeguatezza.

Pensiamo quest’inadeguatezza in rapporto al comunismo

“Né il desiderio di comunismo garantisce a priori congruenza al momento teoretico, né questo può smemorarsi disastrosamente delle sue drastiche esigenze senza tradirle” Giorgio Cesarano

Chiamiamo comunismo l’orizzonte di una società senza classi e senza stato alla cui definizione hanno parzialmente concorso tutte le correnti rivoluzionarie degne di questo nome. Ma non solo questo. C’è del comunismo ovunque si sottraggano spazi e tempi al campo dei rapporti di produzione, in qualsiasi gesto che tenda a depotenziarli ed abolirli. In un pranzo collettivo preparato rubando tutto il necessario, in una casa occupata con la determinazione a resistere per difenderla, nell’affinare dei legami costruiti sulla comune inimicizia a ciò che esiste…c’è del comunismo. Nel far circolare testi sovversivi facendone armi di lotta, come i sanpietrini e il piede di porco, c’è del comunismo. Come nel sottrarli alla neutralizzazione accademica ed immetterli in un piano di elaborazione comune della nostra posizione. Scritti, articoli, recensioni… tutto quello che sembrerà utile a chi scrive e a chi vorrà collaborare troverà spazio in questo contenitore.

Di cosa non abbiamo bisogno

” (…) lo sforzo di identificarci secondo le logiche collaudate da due secoli di controrivoluzione si ritorce risibilmente e ignobilmente su chiunque vorrebbe imprigionarci in una formula, per consegnarci più agevolmente alle mura del carcere.” Puzz 1975 G.Cesarano

La miseria dell’ambiente sovversivo, con rare eccezioni, si palesa sia nell’impotenza pratica che nell’inconsistenza di ciò che viene scritto e diffuso. Troppo spesso l’ideologia parla nei discorsi e nei lessici preformati, anche a prescindere dalle intenzioni. Qui non si vuole accordare alcuna considerazione alla pretesa di collocarsi nel solco di una teoria rivoluzionaria globale, di una qualche tradizione storica portatrice del punto di vista puro del movimento proletario. Il fardello dottrinario è altra cosa dallo sguardo materialista, una falsa alternativa all’eccletismo delle mode ideologiche che hanno proliferato in decenni di controrivoluzione. Troppo spesso gli opuscoli di propaganda maldigeriti, dell’una o dell’altra matrice, hanno occupato lo spazio della riflessione spregiudicata sui problemi teorico-pratici che ci assillano. Nessun interesse quindi per i gerghi, i racket gruppuscolari e gli orticelli da difendere. Bisogno di comunismo, insurrezione, anarchia, l’esperienza rivoluzionaria tedesca tra il 19 e il 23, i consigli di fabbrica e una critica dell’autogestione, la guerra civile spagnola del 36 e i movimenti autonomi italiani degli anni 70, l’anarchismo di azione diretta e la corrente radicale, la questione della classe come autonegazione del proletariato….questo l’ordine di problemi da affrontare, la sfera degli argomenti che ci premono. Tutto il resto è noia.

 

 

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